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Trattato della nobiltà della pittura. Composto ad instanzia della venerabil Compagnia di San Luca et nobil Academia delli pittori di Roma. Da Romano Alberti della città del Borgo S. Sepolcro.

Alberti Romano 10 risultati

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cose (come, per essempio, guardando noi un uomo spasseggiare, che sia alto sette

più ci parerà piccolo; ora, presupponendo noi che si sia allontanato diciotto o venti palmi

Cap. Ii. Ma venendo noi ormai alla terza nobiltà, chiamata teologica over

, primieramente si deve notare che, avendo noi detto quelli esser spiritualmente nobili, li quali

riceve la memoria della pittura cristiana? sapendo noi, per questa cagion principalmente esser stata ricevuta

carità, cioè Iddio, il prossimo e noi stessi, l 'istesse ancora riguarda la

fu causa della conversione di Bogore, da noi sopradetto, principe dei Bulgari. E venendo

pittura a Dio, al prossimo et a noi stessi, che son tre cose appartenenti alla

nel quale molto più diffusamente le cose da noi dette si leggono, fatto per ordine dell

lor fatti alli pittori. Ma lasciando noi ormai da parte cotali cose, per esser

Il Figino. Overo del fine della pittura. Dialogo del Rever. Padre D. Gregorio Comanini Canonico Regolare Lateranense. Ove, quistionandosi se 'l fine della pittura sia l'utile overo il diletto, si tratta dell'uso di quella nel Cristianesimo e si mostra qual sia imitator più perfetto e che più si diletti, il pittore overo il poeta.

Comanini Gregorio 40 risultati

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poiché il Comanino è commune amico di tutti noi, contentatevi d 'accomunare con chi l

che 'n te spera, et a noi salvo il dona. La procella,

, Né degli affanni suoi ci struggiam noi. Deh, non tardar l '

Gua. Ora questo idolo, che noi abbiamo fin or provato essere l 'adeguato

le membra di questo son frutti. Vogliam noi dire che egli in queste due opere sia

inestato negli uomini infin da fanciulli, che noi tutti siam differenti dagli altri animali ancora in

delle prime discipline, e che ciascuno di noi gode delle imitazioni e se ne rallegra.

), prendasene argomento dalla pittura: poiché noi volentieri miriamo l 'imagini ben dipinte di

veri cadaveri, come cose communemente da tutti noi abborrite. Mi soviene d 'aver veduto

si debba. Fi. Ma quando noi altri pittori dipingiamo la prima persona della Trinità

maestà, direste voi che anche in questo noi facciamo imitazione icastica? Gua. Rispondavi

difenditore. Per tanto alle cose che da noi sono state ragionate di sopra aggiungo ancor questa

'successi delle battaglie; la qual fortuna noi cristiani riduciamo a Dio, come a cagione

imitato il corso del viver nostro: corriamo noi tutti alla morte, e correvano essi verso

nostra vita passa per successione in ciascuno di noi. E per dirlo ancora più chiaramente,

Dio, è quasi un giuoco, e noi, operando con la prudenza, non facciamo

. Quale sarà, per le cose da noi dette, il fine del giuoco?

overo Lucano et altri simili. Ma quando noi rimiriamo una istoria da noi conosciuta, dipinta

. Ma quando noi rimiriamo una istoria da noi conosciuta, dipinta sopra una tavola o sopra

meno o più si compiace: bisogna che noi confessiamo che 'l poeta, rappresentando più

a stare in pace e se credete che noi dobbiamo essere ammettitori di tutte le cose che

. E certo, o Guazzo, se noi parliamo de 'corporali piaceri, che '

noia e quella in sua vece sempre in noi lascia, tosto che esso da noi si

in noi lascia, tosto che esso da noi si scompagna. Ma non così degli spirituali

conducono all 'intelligenza di quella cosa che noi bramiam di sapere. Poteva egli più chiaramente

non credo che debba cadere in quistione tra noi già che tutte le carte platoniche sono piene

dobbiamo valerci delle morali per la dottrina di noi medesimi, e dell 'altre per ammaestramento

quella specie d 'idoli di che tra noi si tenzona. L 'imagini, le

, non fa idolo di quella specie che noi trattiamo, dandogli esso ufficio diverso dalla natura

co 'piedi scalzi, qual significato vogliamo noi dire, o Guazzo, che abbia?

, quando convengono insieme tali uomini, quali noi siam celebrati, non fa loro mestiere di

loro ci vengano a schifo e sieno da noi maggiormente aborrite. Mar. È vero

nostro Signore secondo l 'umanità; accioché noi, considerando in questa maniera l 'altezza

, e non venerando simili cose, così noi adoriamo la croce di Cristo come sua verga

, fu dagli uomini conosciuto in carne e noi liberò dagli errori. E che non per

dagli errori. E che non per altro noi cristiani segniamo la croce ne 'tempii,

gli impiegavano nella servitù del Diavolo; così noi cristiani serbiamo le imagini per gloria di Dio

apunto sono i gieroglifici degli Egizzii. Se noi dunque vogliamo parlar degli idoli, io vi

dell 'incendiario del tempio efesino; e noi vorremo permettere che si tengano i ritratti di

, dicolo ancora delle sue istorie, avendone noi cristiani tante e così belle da poter far