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Libro della Beltà e Grazia.

Varchi Benedetto 42 risultati

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Libro Della Beltà E Grazia

di dua dubi: primieramente, se la grazia può stare senza la bellezza; secondariamente,

da disiderar, o la bellezza o la grazia. Il primo dubio è malagevolissimo, et

che cosa sia bellezza e che cosa sia grazia; e questo non si può sapere con

la bellezza non è altro che una certa grazia, la quale diletta l 'animo di

parola) lo muove ad amarla. La grazia è una certa qualità, la quale appare

dovunche è bellezza, quivi necessariamente è ancora grazia, ma non già, per l '

, per l 'oposito, dovunche è grazia e quivi è ancora bellezza necessariamente, sì

dubio: perch 'io direi che la grazia può esser e star senza la bellezza,

, non può star né esser senza la grazia. E della soluzione di questo primo dubio

, nella quale necessariamente si ritruova ancora la grazia, che la grazia sola di per sé

si ritruova ancora la grazia, che la grazia sola di per sé? Dico bene,

bene, se fussi possibile ritrovarsi bellezza senza grazia, che io per me vorrei più tosto

che tengono la bellezza potere stare senza la grazia. E questi per la maggior parte dicono

belle, non sono graziate, e la grazia, è quella che ci diletta e muove

e sia privata di quella qualità che noi grazia et i Latini or venustà chiamano e talora

proposito, un corpo il quale non abbia grazia, ancora che sia grande, ben disposto

, Perch 'ella d 'ogni grazia affatto manca, Né pure un gran

ch 'ella sia bella, non avendo grazia che alletti e tiri gli animi. Ma

potrebbe dubitar meritamente onde nasce questa qualità e grazia della quale noi ragioniamo, la quale senza

dunque confessar che quella bellezza che noi diciamo grazia non nasce da 'corpi né dalla materia

come artificiali, non è altro che quella grazia e piacenza, per dir così, la

'uomo tutta quella bellezza che noi chiamiamo grazia, la quale non è altro, secondo

che la bellezza non può essere senza la grazia, il che è verissimo, ma che

il che è verissimo, ma che la grazia può bene stare senza bellezza, il che

da sé, essendo la bellezza una certa grazia, la quale muove e diletta l '

'intende; onde, dovunche è detta grazia, è bellezza ancora, e così per

costumi dell 'anima, onde nasce la grazia di che ragioniamo; e questa è e

che la bellezza non si può star senza grazia, intendo della bellezza spiritale e platonica,

e platonica, ma quando dico che la grazia può star senza la bellezza, intendo della

aristotelica, perché, altramente, tanto è grazia quanto vera bellezza, e non si può

; e però è meglio senza dubio la grazia così intesa, che la bellezza falsa e

consiste tutto el dubio, dico che la grazia, o vero bellezza dell 'anima,

, anzi bene spesso si congiugne insieme la grazia dell 'animo, che noi chiamiamo veramente

nella diffinizione della bellezza non ho detto 'grazia '[semplicemente, ma 'una certa grazia

grazia '[semplicemente, ma 'una certa grazia '], risponderei: « Per dichiarar

risponderei: « Per dichiarar meglio di qual grazia intendea », cioè di quella che diletta

muove ad amar, conciossia che noi chiamiamo grazia molte altre qualità che dilettano, ma non

come quando dichiamo: 'Il tale ha grazia nel leggere, e 'l tale nello

Ciano profumiere, così gobbo, non abbi grazia [e], come noi diciamo volgarmente, garbo

che la bellezza si possa ritrovar senza la grazia, detta però in guisa che si possa

degli intendenti, che la bellezza e la grazia sieno una cosa medesima e mai non si

Dialogo di pittura di Messer Paolo Pino nuovamente dato in luce. 

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prencipe, tra 'quali mertamente per divina grazia ne possiede il primo seggio l 'illustriss

. V. Serenità, alla cui bona grazia umilmente mi raccomando. Paolo

La. Bella comparazione. Ma, di grazia, chiaritemi meglio: che cosa è quel

, eh? La. Seguite di grazia. Fa. Se gli convengono le

fusse medicina di Galeno; ma, di grazia, non lo divolgate, acciò che li

. La prontezza e sicurtà di mano è grazia concessa dalla natura; in ciò fu perfetto

vera vaghezza non è altro che venustà o grazia, la qual si genera da una conzione

Lezzione, nella quale si disputa della maggioranza delle arti e qual sia più nobile, la scultura o la pittura, fatta da lui publicamente nella Accademia Fiorentina la terza domenica di Quaresima, l'anno 1546

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, ma in guisa però che gli dà grazia, e pare che se gli convenga.