Gua. Forse non picciolo, s 'io non m 'abbaglio; percioché tutte l
l terzo dalla verità. Fi. Io non intendo questo passo compiutamente. Vorrei che
voi, Martinengo, non vi pensaste che io forse mi credessi darsi, secondo i Platonici
l 'idea delle cose artificiate. Perché io so molto bene, che tutto quello è
. Gua. Migliori fatti, quando io ne sarò partito. Fi. Così
e con tanta dolcezza e purità, che io ho sentito dire da valent 'uomi,
'arti imitanti. Ma (se dirittamente io estimo) idolo non solamente è loro oggetto
. Ma, per discioglier questo nodo, io dico che, come che tutte l '
e non nel rappresentare o rassomigliare. Né io negherò che l 'oratore e l '
glomerat fundoque exaestuat imo. Laonde io non posso lodar quegli istorici, i quali
nobile e vaga, che, da che io la lessi la prima volta, mai più
se fosse congiunto il numero del verso, io non so se idolo più perfetto della bombarda
Con questa risposta adunque, o Figino, io giudico che a pieno sia sodisfatto al dubbio
non vi sentiste appagato, ditelo; ché io mi sforzerò di darvene sodisfazzion maggiore.
darvene sodisfazzion maggiore. Fi. Appagatissimo io rimango. Ripigliate pure il filo del vostro
. Mi dichiaro. Questa pittura, che io veggio appesa a questa parete, non è
? Gua. Non mai, che io mi rammenti. Se voi l 'avete
e d 'altre naturali cose. Ma io non ho voluto stringermi nella proprietà di questi
grazia, o Guazzo, e vedete se io m 'appongo. Voi dite quel pittore
fatta; ma, quanto al Vertunno, io m 'assicuro che egli non vi negherà
Così senza dubbio sarà. Son io Flora, o pur fiori? Se
col sembiante il riso? E s 'io son Flora, Come Flora è sol
sol fiori? Ah non fiori son io, non io son Flora. Anzi
Ah non fiori son io, non io son Flora. Anzi son Flora e
'ammiri Del brutto, ond 'io son bello, Ben non sai qual
fa mia fronte, Ne la qual io rassembro Quasi alpestre aratore, Cui
gelsa. Non dirai ch 'io nel viso, Se non sembro Narciso
orecchio appeso; E dirai ch 'io mi sono Un gentil Francesetto,
Mira alfin questo cinto (Ch 'io vuò tacer de l 'altre Membra
conforme. Ma quello, ond 'io mi innalzo Via più che d '
m 'ergo, È ch 'io quasi un Sileno Del giovinetto greco
t 'aggrada Di veder quant 'io celo Ch 'or or ne tolgo
sì grande imperi; Te rassembr 'io, te figur 'io, te segno
Te rassembr 'io, te figur 'io, te segno, Io, che
figur 'io, te segno, Io, che de 'frutti, cui produce
pochi carmi ho detto Quel ch 'io son, quanto adombro; Vanne,
alla prudenza. Del gatto non occorre che io vi dica perché l 'abbia messo a
ad imitator conviene. Mar. Né io sono dal vostro parer discordante, benché ostinatamente
anzi filosofo che poeta. Gua. Io non credo che Aristotele stimasse Empedocle più filosofo
questi non sono idoli di fantastica imitazione, io non so quali altri si debbano con simil
per l 'Imperial Corte non occorre che io il vi dica. Potete imaginarlovi da voi
forme. Se queste non fosser favole, io direi che tutti e tre questi ministri del
offeso. Fi. Così foss 'io gagliardo del corpo, come son pronto di
corpo, come son pronto di lingua. Io non sento punto di noia nel favellare.
che sono i proprii oggetti di quelle, io credo, o Figino, che, per
da ciascheduno e pregiata molto. Quello che io dico dell 'imitazione fatta con la varietà
. Di grazia, non vi rincresca che io o vi riduca a memoria:
'intorno a questo? Gua. Io stimo che l 'imitazioni fatte degli uni
sono ordinariamente tutte le profetiche visioni. Ma io parlo delle visioni reali e fatte agli occhi
nelle essenziali sue parti (ché questo credo io che neanche si debba concedere al poeta,